IL PAESE CHE è LAGGIù

A quell’
orizzonte di mare
di terra
di pietra
foresta
di lago
di monte Calvo
di gemma di mandorlo
di bosco in autunno
d’estate che canta cicale
d’inverno
di Santi
di cielo
di pini d’Aleppo

Paese che porti paesaggio
grazia dei sensi
la poesia t’incanta

41° 41’ 28.915” N 16° 1’ 48.375” E

Il cielo nella terra è scuro
pietre di luna
campanacci dentro la chioma di un albero

41° 42’ 42.335” N 15° 44’ 51.294” E

Da queste parti
a volte
il cielo pesa più della terra

41° 38’ 43.448” N 15° 49’ 51.594” E

La terra chiama, la pietra chiama e il mare
tutto sa di te
che cerchi l’altro

41° 43’ 0.480” N 15° 44’ 39.480” E

Sa di corpo questo monte
nell’orizzonte si allunga
e tace

41° 42’ 18.143” N 15° 57’ 5.880” E

Strada provinciale
quanto magenta in quelle nuvole
ad ottobre

41° 48’ 2.272” N 15° 21’ 9.344” E

La foresta è scura
la foresta parla
fa freddo

41° 49’ 5.348” N 16° 1’ 16.163” E

Un braccio di pietra
teso nel mare
il molo a mezzogiorno

41° 55’ 49.875” N 15° 53’ 16.805” E

Una tavolozza di colori
sculture di pietra
Pulsano sopra il Tavoliere

41° 40’ 31.974” N 15° 54’ 32.486” E

Un albero
verde di foglie e di rami neri
danza

41° 49’ 5.348” N 16° 1’ 16.163” E

Rosso, di sole a ponente
il Promontorio
tra qualche minuto tutto sarà ombra

41° 38’ 40.920” N 15° 50’ 10.680” E

Confini di muretti a secco
tra i mandorli e il cielo
le nuvole

41° 42’ 4.943” N 15° 39’ 21.910” E

Una margherita sul ciglio del vuoto
un orizzonte di mare
quanto tempo con l’occhio nascosto

41° 41’ 28.915” N 16° 1’ 48.375” E

Silenzio davanti agli occhi
dono del cielo
una nuvola di pioggia

41° 40’ 36.907” N 15° 40’ 2.041” E

Odore di fichi nella luce abbagliante
in alto a sinistra un uomo
vuota Vieste all’ora di pranzo

41° 52’ 51.600” N 16° 10’ 52.680” E

A picco strapiomba
senza inizio né fine
una via

41° 40’ 31.974” N 15° 54’ 32.486” E

Un’altra strada per la montagna
il tramonto di un’alba
bianca e nera

41° 40’ 36.907” N 15° 40’ 2.041” E

Luce da oriente
accecante chiarore di mille pietre
atteso luogo di pellegrinaggio

41° 42’ 26.390” N 15° 42’ 15.814” E

Il bosco

41° 44’ 20.489” N 15° 49’ 4.010” E

Con le braccia alzate
le due teste chine e i piedi in mezzo alla strada
un ulivo

41° 42’ 23.737” N 16° 3’ 29.376” E

Il cancello è aperto nella valle dell’inferno
è il cielo una cupola trasparente
arrivano le ombre
qualcuno cerca funghi

41° 41’ 3.792” N 15° 46’ 58.868” E

Il sole dietro le nuvole
un velo caduto nel cielo
sola nel tempo e nello spazio
la Basilica

41° 36’ 30.281” N 15° 53’ 17.401” E

Un pescatore di anguille forse
lo sguardo dentro l’acqua
Lesina il lago

41° 51’ 59.489” N 15° 21’ 10.710” E

La terra

41° 38’ 40.920” N 15° 50’ 10.680” E

TESTO CRITICO “OLTRE IL PAESAGGIO” DI SALVATORE RITROVATO

Non so perché il pensiero del Gargano me lo porta via un vento. Non so da dove viene questo vento, né dove va.

 

Arriva, un giorno, fra ottobre e novembre, da lontano, e scende dentro i miei ricordi. Li scompiglia; rovescia e vuota i cassetti, rovista a lungo; poi riparte.

 

Quel che rimane appare come dopo un sogno: è una serie di foto, come queste di Erminia De Luca. Grandangoli che sembrano ribaltare la prospettiva. Getti materici di luci e ombre che si addensano intorno alle figure. Linee di fuga che tagliano il piano “infinito” di un orizzonte. Spazi grigi e grumi cromatici. Squarci nel fondo oscuro di un fotogramma.

 

C’è una storia in questi testi? Le visioni non coincidono? A poco a poco, il ricordo perde la sua spinta mentale, si ferma alle soglie visibili di uno schermo metafisico che mi restituisce sapori e odori, fra petraie desertiche e distese d’acque, intrecci d’alberi e doline silenziose, correnti d’aria e pascoli solitari, tratturi persi e antichi uliveti.

 

Laggiù, ogni momento, anche se mai vissuto, appare vero, autentico, di fronte alla grave responsabilità dell’esistenza. Sembra quasi di non percepire presenza umana. Ogni traccia del nostro genere è volatilizzata. Sola una macchina, col suo obiettivo piantato in vece di un occhio, si aggira per testimoniare l’assenza, e asserire che non tutto è perduto.

 

Nel recuperare così i miei ricordi, in queste foto mi coglie l’improvvisa nostalgia di una bellezza creaturale, originaria, del mondo. Un “prima” che disancora lo sguardo dalla topografia ordinaria dei luoghi che conosco, e lo manda in giro sulla terra, lo affida a un vento: ecco il Gargano, sussurra, colto dalla feritoia temporale di un momento, pronto a farsi docile patria di un’ombra che ritorna, e cerca nella sua “anima” una forma suprema di leggerezza.