Tutti nascono bambini
Un pezzo di legno
nasce bambino.
Burattini si diventa
per mano di padre
per mano di madre
per le dita di una mano
che i soldi deve guadagnare.
Ma tu che ne sai!
La strada è lunga
La strada è mia!
Ho perso il sogno
Ho perso il filo.
Erminia, cosa hai fatto?
Cos’ha fatto Erminia?
Con grande semplicità ha fatto un’operazione complessa, per chi vorrà godere anche di questa complessità. Rileggendo Pinocchio, ha estrapolato alcuni passi e li ha illustrati. Come tutti, si dirà, ma con una determinazione più evidente, i passi che ha selezionato raccontano in realtà una storia particolare all’interno di quella di Pinocchio. Qui Pinocchio è, almeno a me pare, il giovane che imbocca la strada per divenire artista. Erminia lo dice in maniera non troppo esplicita, piuttosto mista, perché bisogna essere decisi ma discreti; sono infatti questioni delicate nella posizione di chi vuole ribadire – approfittando dell’affettato moralismo di Pinocchio – che artisti non si può diventare senza diventare uomini-donne. Il nocciolo duro sta qui. Le facilità, le lusinghe, le scappatoie non funzionano: “Le bugie si riconoscono subito”, vengono a galla, la verità ritorna. D’altro canto, in un altro senso, non si sfugge al proprio destino, la strada è quella segnata: il racconto di Erminia finisce con il monito “Dipende da te”.
L’artista è nella stessa condizione del burattino, essere sospeso, ibrido, non puro oggetto e non ancora soggetto compiuto. Il suo stesso mondo è tutto composto di esseri ibridi: a parte il padre e la fatina, ci sono solo animali in questa storia, animali da fiaba, parlanti, che stanno al posto degli uomini – invece che tendere a diventarlo.
Il tema che Erminia evidenzia in modo particolare in questa storia di iniziazione è allora giustamente quello della solitudine. Quella dell’artista è infatti una condizione singolare di solitudine: profonda, radicata, quasi endemica. Per fortuna ci sono gli amici: la storia, la vita, in fondo è il racconto di incontri, in cui l’amicizia, i vari tipi di amicizia, senza rivendicazione di un senso unico e ostentato di amicizia, trionfa, risolve e determina. La penultima immagine di Erminia rappresenta un bacio di amicizia.
Così Erminia ha letto Pinocchio. Chiaro e semplice, toccante e vero. Ma la singolarità della sua operazione è la sua ambizione di voler essere artistica, non puramente illustrativa (dunque, naturalmente, la storia di Pinocchio è anche la storia di Pinocchio, se mi si permette il gioco, ovvero del divenire opera, voler divenire arte). Non è solo un’ambizione, è l’operazione stessa, quella che fa dell’illustrazione il medium, la assume cioè come forma, trasformandola proprio secondo i suoi caratteri, reinterpretati secondo la storia. La storia di Pinocchio è dunque una storia di ibridi, di divenire altro (umano-artista), così come l’illustrazione è una tecnica ibrida, di divenire arte.
Erminia ha lavorato allora sulle componenti dell’illustrazione, sia il suo rapporto con il testo, sia la sua tecnica. Per questo i brani estrapolati dal libro sono elaborati graficamente, in modo da diventare a loro volta una sorta di “immagini”. Quanto alle immagini, naturalmente la parte creativa centrale per Erminia, che è artista visiva, la loro particolarità evidente è di essere un misto di fotografia e disegno, una tecnica a sua volta ibrida. La fotografia sta per il reale, il paesaggio, lo sfondo, l’ambientazione, e il disegno la finzione, la fiaba, i personaggi, il primo piano, il racconto? Forse, anche, ma quel che vale è il loro rapporto, come l’uno si innesti nell’altro, come è resa la solitudine, come l’amicizia.
Il finale è chiaro nell’ultima immagine: ciò che era disegno è diventato fotografia, ciò che era fotografia è ora disegno; il burattino, preso per mano dalla fatina, in dialogo con lei, sta per divenire bambino: ora dipende da lui.